Principio centrale dell’aspetto trasformativo di una rappresentazione teatrale è l’idea che la costruzione di una realtà drammatica condivisa possa costituire un luogo di scambio, in cui è possibile sperimentare ruoli, relazioni, pensieri, emozioni, all’interno della cornice protettiva della “finzione”.
L’artista nella Tradizione, in virtù dell’aderenza alle leggi dell’ordine universale cercava, attraverso le proprie opere, di armonizzare tutti i piani antropologici dell’essere.
Nel teatro tradizionale la comunicazione tende a coincidere con una trasformazione dell’individuo (attore/spettatore). Questa armonia tra conoscenza, comunicazione e trasformazione apre al ritorno ad un’arte trascendente, l’arte non più dissociata dalla vita e dalla ricerca interiore dell’artista. Le operazioni artistiche (processi creativi e prodotti) convergono nel punto fondamentale che lega il potere terapeutico del teatro e quella che, secondo tutte le grandi tradizioni, è la risorsa risolutiva per l'armonizzazione della personalità: la ricongiunzione con la parte più profonda di Sé, oltre i meccanismi e i condizionamenti dell’io storico.
Quando l’attore-persona inizia a conoscersi in profondità e integra in sé l’esistenza di vari “personaggi” che orbitano nella sua psiche allora i suoi orizzonti si ampliano, i vicoli ciechi diventano paesaggi e i propri rapporti con il mondo diventano scelte libere, fino a riscoprire il Supremo Regista del teatro della Vita, l'infinitamente Affascinante.