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Il tempo del cambiamento (o della metanoia)

25 luglio 2020 tra la Val d’Aosta ed il Piemonte. Sulla cima della Piramide Vincent, un 4000 del gruppo del Rosa, il panorama era stupendo. Ero solo, i compagni di cordata si erano fermati. La luce mi penetrava dappertutto e la tranquillità d’animo mi garantiva sicurezza ammirando lo spaventoso abisso che precipitava da un lato della cima. Tutto era Presenza Divina. Ero ebbro della Sua energia. Tutto era Yoga. Ubriacato dalla fatica, ma commosso, salmodiavo i Santi Nomi …

Quando avevo le braghette corte avevo una visione magica della realtà. Dietro gli alberi intravvedevo gli gnomi, ogni rumore rappresentava una presenza misteriosa, consapevole che ciò che i miei sensi percepivano era una piccola parte dell’esistente. Sentivo l’Ulteriorità. La mia infanzia e giovinezza sono trascorse così, parlando con gli alberi e con amiche presenze misteriose.

Gli studi universitari prima ed il lavoro poi riuscirono a spegnere ogni velleità di trascendenza. La mia famiglia di origine non era povera, ma aveva lo stretto necessario per vivere dignitosamente, niente di più, niente di meno. Allora ero giovane e confuso ed avendo una prima discreta possibilità economica data dal lavoro, mi sentivo libero di fare quasi qualunque cosa, beninteso seguendo i principi morali insegnati dalla scuola e dalla società, come si dice: “senza fare male a nessuno”. In breve, cercavo il senso della vita nella materialità. Lavoro, famiglia, vacanze, divertimenti goderecci … e così sino ai quarant’anni. Vent’anni ed oltre trascorsi nella più completa illusione, circondato da ipocrisia e avidità, io stesso strumento in balia di queste forze.

Qualcosa accadde. Non ho ancora capito cosa. Chissà perché le cose più importanti accadono senza comprenderne la causa. Le mie emozioni cominciavano ad entrare in collisione con la mia logica razionale, con il mio cinismo, con il mio lavoro, con gli amici. Cominciavano ad affiorare le domande primitive, vere, esistenziali: “Chi sono? Da dove vengo? Quanto sono libero? Quanto della mia vita dipende da me? … possibile che nessuno si ponesse queste domande?

Cominciavo ad avvertire il mondo e le persone come una moltitudine a cui l’origine di tutto ciò che accade è arcana, restando inconsapevoli della vera Realtà onnipervadente. Io stesso ero disorientato: avevo solo domande e non una risposta. Nessuno mi forniva risposte. Formiche che vivevano e vedevano solo il loro mondo limitato di formica, un mondo orizzontale, fatto di percezioni sensoriali. Erano riflessioni che non riuscivo a comunicare a nessuno; probabilmente non sarei stato compreso, ma tale malessere diveniva sempre più percepibile con il passare del tempo. Iniziavo ad essere partecipe di quel senso di nausea magistralmente descritta da Sartre in una delle sue opere, “La Nausea”, in cui il protagonista Antoine coglieva l’inutilità esistenziale della vita umana. Mi tornava alla memoria una massima di Seneca: “Agamus diis immortalibus gratias quodnemo in vita retineri potest(“ringraziamo gli dei immortali che nessuno può essere trattenuto in vita”)

Il lavoro, la famiglia, i figli e le agiatezze non riuscivano più a controllare la voglia di conoscenza e di risposte che stava eruttando, incontenibile, dal profondo.

Mia moglie ed io decidemmo con i figli di trascorrere un breve periodo in Nepal. Il mio mondo, già vacillante, subì il colpo di grazia. Questo viaggio rappresentò un vero e proprio spartiacque nella mia vita; mi resi conto che non stavo compiendo solo un viaggio spaziale, orizzontale, ma un viaggio verticale nel profondo, un viaggio a-dimensionale. Tornando in Italia capii che letteralmente non ero più lo stesso e che il tempo del cambiamento era arrivato. Dieci giorni furono sufficienti: semi caduti su un terreno forse pronto a riceverli. Mettevo quindi in discussione tutto il mio modo di interpretare la realtà.

Iniziai a documentarmi, a riprendere i classici della filosofia, ma ancora non avevo risposte, ma piuttosto mille e mille domande. Iniziai comunque a costruire un castello di conoscenze a cui poggiarmi. Poi la morte di mia madre, la sofferenza insostenibile … le poche certezze costruite sulla speculazione filosofica caddero … e fu crisi profonda, vera, una guerra di Kurukshetra nelle profondità della mia psiche.

Nessuna costruzione edificata dal logos poteva reggere l’urto alla lotta contro il più grande dei nemici, la morte, poiché la morte è tutto fuorché logos e non si può combattere “il nemico” con un’arma inadeguata. La morte distrugge “ciò che non è” ed in quel tempo ero letteralmente pervaso da “ciò che non è”. Fu in quel momento di crisi che ebbi una rinascita.

Fu così che ebbi un colpo di fortuna, la vita mi concesse un dono: la conoscenza di un Maestro spirituale. Ora interpreto diversamente: la fortuna non esiste; esistono il libero arbitrio, il karma ed esiste la misericordia del Signore che è infinita e mi ha offerto la possibilità di godere della presenza fisica di un’Anima che aveva già realizzato una Visione.

Descrivere ciò che ho ricevuto e ricevo dagli insegnamenti del Maestro sarebbe riduttivo. Il corso, o per meglio dire, percorso di Scienze Tradizionali dell’India ha rappresentato un punto di arrivo, ma anche di partenza. Ben presto compresi che questo Studio non doveva essere solo didattico, ma conoscenza realizzata; sarebbe stato come avere la disponibilità di una astronave ed utilizzarla come una bicicletta. Quante riflessioni, spunti, realizzazioni … certo … non è facile trasmutare la conoscenza nominale a conoscenza realizzata, ma qualcosa è passato e passa e la gioia aumenta.

Scienze Tradizionali dell’India non è solo speculazione. La mia vita è cambiata in meglio e concretamente. Non ho paura della morte, do valore alla Vita e sento il Signore dappertutto: che cosa c’è di più concreto? Ho realizzato che la morte non si contrappone alla Vita, ma alla nascita. Scoprire che siamo eterni, che siamo frammenti della Divinità, che semplicemente e felicemente siamo è la mia vera e concreta rivoluzione.

I testi sacri della Tradizione sono presenza attiva nella quotidianità e lo Studio assiduo di Scienze Tradizionali mi ha consentito e consente pause di riflessione profonda. Ho spesso vissuto questi momenti come una calata nel silenzio e nelle profondità del cuore e non infrequentemente, fondendo la mia mente nella lettura di alcuni passi, mi sembrava che Tutto fosse chiaro. E’ stata e lo è tuttora una straordinaria possibilità di sondare la profondità del proprio Essere, di vedersi all’interno, di gioire della conoscenza del Sé e, perché no, di intenerirsi per le piccole e grandi comprensioni di relazione di Amore con la Divinità.

La famiglia e chi mi sta più vicino ha avvertito questo cambiamento e se ne giova anch’essa. Inevitabilmente il cambiamento ha accarezzato anche loro. I doni ricevuti non possono essere trattenuti. Un antico proverbio indiano così recita: “tutto ciò che non va donato, va perduto”. Lo Studio e le piccole o grandi realizzazioni non possono essere trattenute: quale atto di egoismo estremo … Quanta gioia poter trasmettere quanto ho ricevuto …

Una volta ancora mi rendo conto che queste riflessioni non sono mie, ma sono il pallido riflesso di quello che il mio Maestro e “Scienze Tradizionali dell’India” mi hanno insegnato e di questo sarò grato per sempre.